Con le parole fate delle pietre e con le pietre di parole costruite una cattedrale al pensiero

Qualche giorno prima delle festività del Natale cominciarono a comparire sulle facciate dei palazzi delle scritte insolite : apparivano come proiezioni di luce, visibili anche in giornate di sole, e che le prime ombre della sera non riuscivano a cancellare. Alcuni dissero che il fenomeno non era spiegabile, da un punto di vista scientifico, altri che si trattasse di una qualche nuova diavoleria che lo stato, in accordo con la comunità degli scienziati, aveva approntato per dare al Natale un significato simbolico più elevato, trattandosi più di esortazioni che di semplici notizie il cui fine era quello di far si che una diversa forma di economia, senza costi per la popolazione, consentisse alle fasce più indigenti della cittadinanza di fruire di benefici insperati attraverso lo scambio di beni e servizi, e senza modificare l’assetto economico generale tra le varie classi sociali. Come si fosse giunti a segnalare quelle notizie non era dato conoscere o capire; fatto è che prima di ognuna di queste segnalazioni appariva una scritta, quasi come ne fosse il titolo e la causa d’essere che recitava costantemente la parola… ottimizzazione.

Era nota alla maggior parte dei fruitori di internet la presenza di siti nei quali già l’idea di economia circolare veniva indicata come la ricerca di una nuova economia, volta a superare le regole del mercato; ma in quelle indicazioni che apparivano sotto i cornicioni dei palazzi sembrava che la finalità fosse ancora diversa, mettendo a confronto non solo i bisogni primari di alcuni che altri avrebbero potuto soddisfare senza costi aggiuntivi o senza privarsi di beni, ma necessità di scambi di valori umani, di necessità concernenti la sfera affettiva di alcuni soggetti, e nella quale un maggior legame dei rapporti fra le persone diventava la ragione finale dei messaggi luminosi.

Molti cominciarono a chiedersi se fosse consentito allo stato o a chi per esso aveva iniziato quel percorso, che ormai tutti chiamavano

ottimizzazione, di inserirsi a piede teso nelle vite private di alcuni individui, che nelle scritte erano spesso chiaramente identificabili, perché residenti proprio nei palazzi e nei luoghi dove le scritte apparivano e rimanevano per ore e talvolta per giorni, fino a che non scomparivano lentamente, affievolendosi le luci attraverso le quali venivano fissate in quei luoghi. Ne era nata una querelle intorno alla quale ognuno aveva da dire la sua, perché il primo quesito che molti si erano posti all’apparire delle scritte luminose verteva sulla legittimità che in tal modo si aggirassero, o addirittura ci si facesse beffa delle regole della cd privacy. Molti affermavano che la privacy non esistesse più da molto tempo, e che non conoscevano persone la cui vita ed i cui trascorsi non fossero perfettamente noti allo stato ed al potere, ma altri erano di opposto parere, e facevano costante riferimento ad una legislazione che, aggirando la realtà e la verità, fissava delle regole ferree a tutela della vita privata delle persone. Chiunque avesse pensato a quella strana forma di pubblicità doveva certamente dissentire dall’idea di una umanità che avesse un reale diritto ad una totale forma di libertà di azione o di pensiero, o almeno ad una libertà che lo rendesse immune dalle conseguenze che le sue azioni producevano sull’ insieme del consesso umano; chi aveva pensato quella cosa doveva immaginare una rete di maglie fittissime dove gli uomini si legavano con nodi, talvolta nodi d’amore, tal altra di sopraffazione, il più delle volte di indifferenza per chi non facesse parte del proprio gruppo stretto. Legati gli uni agli altri senza saperlo, o forse senza volerlo sapere… ma comunque legati con i nodi della rete. Ora, con le scritte luminose, tutti i nodi di indifferenza andavano sostituiti con nodi d’amore.

Nelle indicazioni fornite dalle stesse proiezioni di luce interagivano gli occupanti delle case e le stesse architetture nelle quali le abitazioni erano inserite, poi tutte interagivano con le costruzioni vicine, e senza soluzione di continuità la maglia si estendeva fino a dove abitassero o lavorassero persone non distanti e facilmente raggiungibili secondo le indicazioni che le scritte fornivano a coloro che avessero avuto voglia di leggerle.

Nel palazzo di Celestino quelle scritte erano comparse tra le prime. Erano così fitte che dovevano trovare gli a capo e fissare le punteggiature tra le finestre ed i balconi. Alcune li aggiravano sotto, ed altre sopra. Ma nel suo stabile non erano stati fatti nomi o indicate persone che fossero subito identificabili. Erano loro stessi che sapevano a chi fossero dedicate, quando leggendo le scritte vi trovavano indicazioni che li chiamavano a condividere le cose che leggevano sulle pareti e in ogni parte dell’edificio. Era scritto ad esempio che i bambini del secondo piano scala A, e quelli del quinto piano scala B, avrebbero dovuto porsi in contatto con la maestra in pensione della scala A del vicino palazzo con numero civico 15.Quel che le scritte non dicevano era che la maestra aveva bisogno di insegnare ancora a dei bambini, che si sentiva ancora pronta a dare, ed a ricevere da loro un sorriso ed una parola di affetto. E tutti coloro che possedevano una vettura avrebbero dovuto chiedere all’assicuratore del palazzo civico 18, all’altro lato della strada di assicurare le loro auto con polizze a costo più basso, contando su un numero cospicuo di sottoscrittori. Gli avrebbero dato un aiuto economico, risparmiando a loro volta sull’ammontare delle polizze. Ed il meccanico del palazzo 17, affittuario di un garage avrebbe potuto offrire parcheggio e assistenza meccanica a tutti coloro che sottoscrivevano polizze con l’assicuratore, diminuendo le tariffe del

garage, previo un accordo con l’assicuratore stesso, assicurando benefici comuni, e curando la manutenzione di molte auto a prezzi bassissimi. E gli affittuari anziani degli appartamenti, percipienti una pensione media o bassa avrebbero potuto riunirsi in un solo appartamento, pagando così quote più basse di affitto in una casa grande e di maggior prestigio, al momento sfitta per le scarse possibilità delle famiglie di permettersi un pagamento gravoso di canone. Ed avrebbero chiesto alla sig.ra del primo piano, infermiera al momento disoccupata, di assisterli un una sola casa, o magari di dormire e mangiare con loro per risparmiare a sua volta i costi di un affitto che non poteva permettersi. E soprattutto non sarebbero più stati soli. Quando si uniscono cinque solitudini nasce una sola condivisione. Ma senza le scritte nessuno avrebbe conosciuto la presenza dell’altro con i suoi identici problemi.

 E la ragazza del quarto piano, diplomata in pianoforte avrebbe assicurato lezioni ai bambini, con spesa modica, ricevendoli a casa, e senza dover pagare l’affitto di un ambiente più grande, e poteva contattare per ampliare le possibilità dei bambini di accedere ad uno strumento il ragazzo diplomato in violino del palazzo civico 23, con il quale aveva condiviso il conservatorio, e che l’aveva persa di vista, non sapendo dove abitasse, e che la cercava ormai da molti mesi, da quando non frequentavano più il conservatorio. Anche lei lo pensava, ma non sapeva che gli era così prossimo.

Insomma si trattava di una rete che iniziava da qualche parte e ricollegava tutti i luoghi, le persone, e sovente anche le cose che stavano buttate in cantina ad ammuffire, che prendevano il posto senza rendersi utili, e che anelavano a rifarsi una vita, perché ancora capaci di donare gioia a qualcuno che non fosse chi le aveva abbandonate e private della dignità antica. Loro facevano parte di nodi

aggiunti, pronti a sfilacciarsi e slegarsi, in mancanza di chi li avesse rinforzati e riportati alla attenzione di qualcuno; questo perché anche le cose e le manifatture opera delle mani dell’uomo avevano lo stesso bisogno di amore e di attenzione delle persone che le avevano create. E quelle scritte su quei palazzi conoscevano tutto e tutti. A loro non sfuggiva niente, e soprattutto non conoscevano la privacy, pur essendo molto attente a non offendere o ferire l’amor proprio di nessuno. Quando si riferivano a gruppi allargati di persone erano così gioiosamente luminose da irrorare di luce la stessa strada: e quando pioveva la superficie bagnata sull’asfalto le rifletteva, e sparava piccoli lampi, consentendo a chi non volesse sollevare il capo e guardare per aria di leggerle anche a terra; certo si perdevano alcune lettere, che allungavano le ombre ed ondeggiavano come serpenti, spargendo barbagli di luce, ma restava il senso del messaggio, il valore del richiamo, la regola della massimizzazione o meglio dell’ottimizzazione del bene comune. Quando si avvicinò il giorno di Natale quell’idea di come tutto si potesse incastrare come in un puzzle che rappresentava un nuovo mondo senza smagliature nella rete si era insinuata in molte persone. Forse quello avrebbe potuto essere un natale diverso, unificarsi con la pasqua ed essere un natale di resurrezione.

Celestino stava sottobraccio ad Agnese, e teneva con l’altra mano la manina del nipote di lei. Lo avevano portato a vedere tutte quelle scritte che nelle prime ombre della sera sembravano un addobbo messo li a rendere omaggio alla festività. Celestino le leggeva, come se fossero una favola, ed il bambino dovesse capire il messaggio che sottintendeva tutta quella luminaria di scritte. In realtà non sperava che al bimbo arrivasse il significato vero del messaggio; sperava solo che ne percepisse la bellezza sottostante, il clima di condivisione di una collettività, di una città che aveva ampliato i suoi orizzonti, rivisitato i

suoi confini ed abbracciato tutti i componenti del suo vasto orizzonte, che lo percepisse come un allestimento di un natale vero. Quando arrivarono sotto casa di Michelino una delle scritte che Celestino lesse al bambino, che incorniciava la finestra della sua cameretta, recitava la seguente frase;- Un bambino del terzo piano ha bisogno di compagnia di altri bambini; quelli che abitano nelle altre scale lo contattino e passino la vigilia con lui e con la zia. A quel bimbo occorre la compagnia fissa di un fratello o di un cuginetto. Agnese aveva le lacrime agli occhi, quando si rivolse a Celestino e gli disse:- sono incinta, sono al terzo mese. E’ una bimba, nascerà a giugno., Ho fatto le analisi… tutto bene.

 

Celestino Severino viveva la sua paternità con una gioia ed una sensazione di pienezza quale non ricordava di aver provato mai. Passate le festività le scritte sui palazzi si erano prima affievolite e poi cancellate definitivamente.

Gualtiero lo guardava con sguardo indagatore. La storia di quelle scritte non lo aveva mai convinto del tutto. Il comune diceva che quelle erano state opera di qualche ricercatore illuminato come le scritte stesse; l’ente di ricerca faceva i complimenti ai politici per come avevano gestito quella situazione e che per una volta si erano mostrati all’altezza del ruolo della politica stessa, e più capaci di visione degli scienziati stessi. Gualtiero invece non prestava attenzione a nessuna di quelle tesi e si chiedeva se Celestino avesse qualcosa a che fare con tutta quella storia fantastica. Ma come avrebbe fatto a penetrare tutte quelle menti per poi estrapolarne i bisogni e porli a raffronto come farebbe solo un programma di un computer particolarmente evoluto, come un computer quantistico? Lui aveva imparato che da Celestino c’era da aspettarsi di tutto. Era un diavolo quando si trattava di prendere in contropiede le regole del mondo.




Articolo pubblicato il: 27/01/2021

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