L'Arte nei flessi della storia

Riflessione a cura di Tiziana Davoli e Pietropaolo Cannistraci

|Andrà tutto bene|.

|Non sarà più come prima|.


In questi due memi si sta sviluppando il dibattito sul futuro, sul post-coronavirus. Ma non è un dibattito "fra" i due. Ognuno dei due, infatti, ha un suo dibattito indipendente, al proprio interno ma non dialogante con l'altro. Dalla domanda "è giusto che sia così?" ne scaturiscono a discesa altre due: "c'è qualche possibilità di ricondurli in un unico filone tematico?" e, a seguire, "è davvero la prima volta nella storia che ci troviamo a fronteggiare una problematica di questo tipo?".
Ora, se il primo slogan si è dimostrato funzionale ad un iniziale sostegno morale ma disastrosamente poco realistico sul piano socio-economico, il secondo suscita opinioni contrastanti che vanno dalla sua vanificazione (vedi https://www.lettera43.it/retorica-coronavirus-nulla-sara-come-prima/?refresh_ce) ad una più veritiera e concreta previsione operativa.


Se osserviamo, però, il fenomeno epi/pan-demico in un'ottica diacronica e indipendente dalla tipologia del male, possiamo sì vedere come la storia confermi "entrambi i memi" ma soprattutto giungere ad una sorprendente ma ottimistica prospettiva.
Le grandi epidemie (pandemie per l'epoca in cui si sono verificate, di cui possiamo avere dati geograficamente limitati dovuti alle conoscenze del tempo) hanno sempre determinato da una parte postumi iniziali devastanti, quantomeno su scala demografica se non su quella politico-economica (motivando il perché del tanto temuto "come andrà?", visto che quasi mai è andata bene), ma successive fasi di forti mutamenti sociali, intellettivi ed estetici. Per quanto le fonti forniscano dati sempre meno precisi con l'incedere a ritroso nel tempo, possiamo verificare come, già alle origini della storia del pensiero occidentale, una ondata di presumibile affezione tifoide (ricordata impropriamente come "pestilenza") abbia segnato, nel mondo classico, non solo il declino della supremazia ateniese e del fecondo impulso di Pericle che, fra l'altro, vi perse la vita ma anche gettando le basi per il declino del secolo d'oro della civiltà ellenica.


Ciò avvenne, come ci documenta Tucidide nella sua opera "La guerra del Peloponneso", a causa della diffusione di un morbo diffusosi (forse "non solo", diremmo oggi) verso nord provenendo dalle terre a sud dell'Egitto ed approdando in territorio ellenico proprio nel porto del Pireo intorno al 430 a.C. Quasi analogo effetto, ma su scala notevolmente più ampia, si ebbe con il definitivo abbandono di ogni possibile ricostituzione dell'ormai decaduto Impero Romano a causa della cosiddetta "peste di Giustiniano" che, partendo ancora una volta da territori etiopi e raggiungendo quelli dell'Impero Bizantino, sviluppandosi nel terreno fertile della concentrazione demografica di Costantinopoli intorno al 540 d.C., si diffuse in Europa e causò poi il momento di crollo della civiltà urbana, segnando quello che viene comunemente considerato il definitivo passaggio dall'antichità al medioevo.
Lo stesso batterio, lo "Yersinia pestis", tornò in Europa nel XIV secolo con l'epidemia nota come "Peste Nera", determinando <simili effetti sociali e culturali>. 


Abbiamo qui, però, una delle svolte più significative della storia dell'Occidente. Senza voler entrare troppo nel merito, perché la trattazione sarebbe troppo ampia e al contempo ben nota, la reazione dopo quella prima ondata (ve ne furono altre di portata meno devastante, nei tre secoli successivi) portò alla fine dell'ideologia medievale e, passando attraverso la fase dell'Umanesimo, determinò il fiorire di commerci ed arti del Rinascimento, avviando l'Era Moderna.


Su scala minore ma non meno importante furono le ondate successive del XVI e XVII secolo: a Roma, dove l'epidemia precedette la Controriforma e il riassetto urbanistico sistino, preludio della grande stagione del Barocco; a Venezia, dove a fianco di una rinnovata politica mercantile si consolidò l'estetica rinascimentale e manierista tanto nell'architettura (si vedano gli ex voto dapprima della Chiesa del Redentore del Palladio e nel secolo successivo della Basilica di Santa Maria della Salute del Longhena) quanto nelle arti figurative, con i grandi esponenti della pittura veneta fra cui si ergono, nel periodo, le Maestrie di Tiziano e Tintoretto; a Londra, dove un provvidenziale incendio, nel 1656 mise fine all'epidemia e al contempo ne mutò per sempre il volto: per dirla con le parole di Lewis Mumford, da città con le case ancora "in legno" ad una più sicura con le costruzioni "in pietra".


Last but not least di questo breve, e volutamente non esaustivo, escursus è il passaggio in epoca storica dalle epidemie di peste (per lo più ormai sotto controllo e curabile) a quelle dell'influenza. Per quanto queste ultime in passato possano essere state confuse con altre tipologie virali, Il pensiero corre subito a quella più nota (perché documentata) della "Spagnola", diffusasi a livello globale fra il 1918 ed il 1920. Certamente i suoi effetti, per quanto numericamente disastrosi, non possono essere tenuti distinti da quelli della prima guerra mondiale al punto che molti studiosi ritengono quest'ultima esserne la causa dell'estrema diffusione. 

Anche in questo caso l'uscita dal periodo pandemico determinò una particolare reazione vitale: in pochi anni si svilupparono creativamente quegli stilemi espressivi e quelle necessità estetiche già in embrione tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, coinvolgendo arte, design, moda e architettura, gettando le radici di quella che oggi etichettiamo come "arte contemporanea". 

L'Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne, tenutasi a Parigi nel 1925 apre la grande stagione dell'Art Decò, che per linee compositive e cromatiche consolida le tendenze di ricerca dei decenni precedenti, con uno stile che suscita, con un pizzico di nostalgia, interesse ed attrazione ancora ai nostri giorni. 

Nello stesso periodo altri fermenti giungevano a maturazione, unendo ricerca estetica ed utilizzo dei nuovi materiali, caratterizzando così il quadro estetico-intellettuale che avrebbe marcato il periodo fra le due guerre: da una parte Walter Gropius con la scuola del Bauhaus e gli altri esponenti del Movimento Moderno (l'International Style) guidati da Le Corbusier, impegnati nella rivoluzione degli ambiti del vivere (urbanistica, architettura, interiors e design) e antitetici al decorativismo decò; dall'altra figure innovative come Coco Chanel, che ha rivoluzionato il concetto di femminilità mentre si imponeva come imprenditrice del fashion design e icona della cultura popolare del XX secolo.
Giungendo alle nostre conclusioni, possiamo quindi vedere come effettivamente le epidemie (pandemie, in tempi di globalizzazione sia della conoscenza che della contaminazione) determinino da un lato momentanei fattori di involuzione socio-economica ma dall'altro effettuino una provocatoria azione stimolo alla ripresa, con percorsi inediti ed imprevedibili, estetici e creativi.


Dopo una pandemia nulla rimane uguale, anzi, tutto può ritrovarsi incanalato verso un destino diverso. Rimane la considerazione che è sempre l'Arte a tracciare la nuova strada, come abbiamo sin qui visto; le è possibile perché è aperta all'infinito possibile, dote negata ad altri campi dello scibile umano. Usando a modo nostro due simboli mutuati da Freud, potremmo dire che è l'eterna dinamica fra Eros e Thanatos: dove c'è energia distruttiva se ne libera altrettanta costruttiva. Questo è quindi il momento di chiamare a raccolta le energie estetiche e creatrici per riallineare il percorso della "nuova umanità", orientandola non distopicamente verso la Matrix ma verso un utopico, positivamente umano, Terzo Millennio.


Ci troviamo di fronte ad un impegno che deve integrare l'etica all'estetica, affinché quest'ultima possa diventare strada maestra nella guida alla transizione. Come per tutti le grandi svolte del corso della storia, entità sensibili hanno precorso i tempi, più o meno coscientemente e sfidando incomprensione e indifferenza: questa realtà sembra avverare l'intuizione dei grandi maestri dello spirito secondo cui i grandi cambiamenti si preparano su un piano energetico sottile, concretizzandosi poi fenomenicamente nel corso del tempo storico. Ogni materializzazione chiede il suo tempo ma sensibilità acute possono cogliere "nell'etere" il prepararsi degli eventi e, come dicevamo pocanzi, si sentono "spinte ad operare", per rispondere ad un'impellenza interiore.


Abbiamo quindi iniziative che precorrono i tempi ma che possono diventare le palestre esperienziali, le scuole di vita, in grado di fornire la traccia e dare le istruzioni d'uso del nuovo percorso. Sicuramente quell'impellenza interiore è stata la molla di Massenzio Arte, il cui percorso generatore-di-arte si è snodato attraverso iniziative dal carattere innovativo e sempre orientato allo spirito maieutico, garantendo così l'apporto etico alla ricerca artistica.
La sfida odierna (non dimentichiamolo: giunta sulla cuspide del passaggio di millennio) non può fare a meno di ricondursi a quei princìpi ispiratori di Massenzio Arte che hanno offerto l'opportunità di espressione alle tante giovani stelle della sua galassia, utilizzando in modo alternativo gli strumenti tradizionali del percorso artistico, dagli spazi per le "personali" a quelli delle iniziative collettive e dei contest, al rapporto con l'informazione ed i suoi media, sempre con entusiasmo e spirito di servizio, nel superiore interesse dei più puri valori dello spirito umano e, dunque, nella riuscita sintesi di estetica ed etica. E per la "galassia Massenzio" questa è, forse, una nuova "chiamata alle armi"; a quelle armi pacifiche ma possenti che elevano al rango demiurgico ogni personalità libera, trasparente e creativa, marcando così la transizione da Massenzio Arte alla sua naturale gemmazione di Massenzio Barter.  


Articolo pubblicato il: 11/05/2020

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