Uno spunto di riflessione tratto dal libro Luno e l'omino

Libro e articolo a cura di Alessandro D'Ercole

Sopratutto penso davvero che prima di perdersi in speculazioni scientifiche a volte speciose, ma soprattutto irriguardose per le sofferenze e le disuguaglianze di questa umanità, se proprio dobbiamo ragionare attraverso i numeri e tener conto dello strapotere del due, sia opportuno sfruttare al meglio la divisione binaria tra lo 0 e l’1 nel linguaggio cibernetico, aggirarlo e sfruttarlo a beneficio di tutti, e quindi a vantaggio dell’unità.


Ho visto con la mente in una di queste peregrinazioni, una umanità completamente diversa, laboriosa ed allegra, nella quale per la prima volta mi sono sentito perfettamente integrato con la quale riuscivo ad integrare in modo fattivo, costruttivo, senza trovarmi costantemente di fronte ad un atteggiamento schizofrenico tra la mia mente e le mie azioni: partecipavo ad un gioco di società collettivo, nel quale ogni scelta di un qualsivoglia giocatore non era più imposta dalle regole sociali. 

Era una umanità quella che ho visto, totalmente libera del gioco, ma volutamente si supponeva nelle regole dettate da un programma che un enorme computer seguiva e migliorava costantemente, non influenzando minimamente la libertà di alcuno, ma accompagnando quella sua libertà nel gioco, ma che volutamente si supponeva alle regole dettate da un programma che un enorme computer seguiva e migliorava costantemente, non influenzando immanente la libertà di alcuno, ma accompagnando quella sua libertà attraverso la fornitura di dati. Dati che consentivano a chiunque di potersi relazionare in queste loro scelte con tutte le persone presenti nell’universo mondo. Ho visto un villaggio globale, dove la prima regola diventava il riutilizzo e la massimizzazione delle risorse umane, per ottenere da persone e cose l’utile maggiore che potessero offrire a quella umanità ancora bisognevole di qualsivoglia forma di aiuto, di conoscenza, di relazione.


Nulla più veniva considerato risorsa inutile, e quel che alcune istituzione benefiche fanno già con questa finalità era divenuto il programma che girava ovunque, senza sostituirsi alle normali regole della vita ma intervenendo in forma alternativa, quasi accessoria, come se fossero un gioco al quale partecipava l’intera umanità dopo le ore di lavoro. All’inizio del gioco i più avevamo messo a disposizione di chi ne avesse bisogno tutto il loro superfluo, o almeno quello che consideravano tale. C’era di tutto. Vecchie auto, case disabitate, terreni abbandonati, animali desiderosi di compagnia. E tutti ottenevano una risposta, cui seguivano altre domande alle quali una risposta non mancava mai. 

Poi, nel proseguire il gioco, avevano percepito che le potenzialità divenivano pressoché illimitate, se soltanto ogni giocatore avesse avuto il coraggio di chiedere veramente ciò che riteneva davvero necessario per sé o per gli altri. Il programma riusciva da solo a scremare le volgarità e gli scherzi di molti, e correggeva richieste ed offerte, traendone tali vantaggi da risultare la vera conquista del linguaggio informatico sulle limitazioni che la natura impone a vantaggio dell’egoismo e del pensiero singolo. Insomma il genere umano si rendeva conto che la solidarietà e la condivisione non solo pagava, ma era un enorme bacino di ricchezza. Perché chi riceveva, all’inizio nessuno riusciva a spiegarsi la ragione, restituiva sempre; e sempre restituiva più di quanto avesse ricevuto. La differenza di questo gioco, rispetto aq quanti su altri programmi simili, già si facevano da anni, era che il computer segnalava prima le possibilità delle scelte, e poi ne massimizzava i risultati, per cui tutti, in una forma o in un’altra si ritrovano più ricchi, anche se in modi diversi. 


C’era una condivisione, un lavoro, chi avrebbe voluto dare un posto ed un senso alla sua vita ed al suo essere nel mondo: qualcosa di ulteriore ed accessorio a quanto già faceva ed a riscatto di tutte le imposizioni vessatorie la società imponesse loro. Pensa Eva, - continuava la lettera - nel sogno ho anche parlato con un vecchio medico in pensione. Mi ha riferito che mai, se il computer ed il programma non glielo avessero indicato, avrebbe potuto usare i suoi beni e la sua pensione per diventare lo sciamano di una piccola tribù.

Ora, tramite il contributo di ospedali disattivati e vecchi macchinari medici, gestiva un ospedale. Non si era mai sentito così utile e rispettato in tutta la sua attività precedente. Era per lui una sensazione nuova, un punto di arrivo. Ho anche parlato con quattro anziani in pensione, tutti con una pensione minima sociale. — Sa, mi ha detto uno di loro — quando siamo andati tutti insieme a vivere in una vecchia enorme casa di un anziano nobile decaduto e senza reddito, unendo le nostre pensioni ci siamo potuti permettere una vita che non ci saremmo mai neppure potuta immaginare. Abbiamo una infermiera che ci segue. Un giovane con un pulmino che di porta a fare piccole gite domenicali; disponiamo anche di un piccolo giardino, dove piantiamo piante officinali. Abbiamo dato lavoro a tante persone, ed ora aiutiamo altri anziani a trovare situazioni analoghe che restituiscano loro dignità e speranza.

La lettera si concludeva così: — finalmente il due riscatta il suo nome ed opera scelte vero che tendono verso la riunificazione del benessere, senza togliere niente ad alcuno, e dando qualcosa a tutti. Ti lascio questo sogno, insieme al disegno dell’Uno. Spero di poter condividere con te questo. 


A cura di: Alessandro D'Ercole

Articolo pubblicato il: 07/04/2020

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